
Emanuela Ceruti
Il macagn
Emanuela Cerere, laureata in economia, arriva da una malga della Val Sesia e produce il Macagn, un formaggio a latte crudo che porta con sé una lunga tradizione casearia. Emanuela fa parte di una famiglia giunta alla quarta generazione di produttori: “ci si alza tutti la mattina e presto e si va nella stalla a mingere le mucche – racconta – e poi tutta la giornata è in funzione del formaggio, e alla sera si ricomincia con la seconda mungitura”. La tradizione casearia di questo formaggio nasce dall’incontro delle tradizioni di due valli, la Val Sesia e la Val Sessera: i margari, infatti, conducevano le greggi da una valle all’altra, durante la transumanza, ed in tal modo si scambiavano i saperi. Il nome Macagn deriva da un apleggio denominato Maccagno, al quale salivano i biellesi in estate, che lì lo producevano e poi lo consumavano nell’inverno a Biella. La sua particolarità più importante è la produzione a ogni mungitura, metodo probabilmente nato dalle esigenze di sfruttare la naturale temperatura del latte appena munto (37°C). Le forme, una diversa dall’altra anche sotto il profilo del sapore, pesano da 1,6 a 2,3 chilogrammi, sono tonde, con un diametro dai 18 ai 25 centimetri e uno scalzo di 5, 8 centimetri. La crosta è sottile, liscia, con colore che varia dal paglierino al grigio e sfumature dal giallo all’arancione. La pasta è compatta, elastica, con una leggera occhiatura sparsa e un colore bianco paglierino, quando è giovane, tendente al dorato con la stagionatura.
Indice del video
Dati intervista
Nazione: IT
Regione: Piemonte
Città: Varallo
Provincia: VC
Altitudine: 456m s.l.m.
Emanuela Ceruti
Data di nascita: 30-08-1974
Città: Borgosesia
Scuola: Università
Professione: Imprenditore
Lingue parlate: italiano
Scheda di: Andrea Icardi
Video di: Andrea Icardi, Gianpaolo Fassino
Creato il: 21-09-2013
Questo video fa parte del seguente archivio
Presídi Slow Food
Presídi Slow Food
L'archivio raccoglie le testimonianze di piccoli produttori, contadini, pastori, pescatori e artigiani impegnati da anni nella lotta per il recupero di saperi e sapori inscindibilmente legati a territori spesso marginali. Uniti nel riconoscere un valore universale alla biodiversità e alla varietà di culture, intesi come elementi direttamente connessi all’alimentazione, questi uomini combattono strenuamente i modelli economici proposti dalla grande distribuzione dalle forze economiche che tutto omologano nel nome della modernità e dell’efficienza. Archivio promosso dalla Fondazione Slow Food per la Biodiversità.