Francesco Balbiano

Le Cantine Balbiano e la Freisa di Chieri

Francesco Balbiano rappresenta la seconda generazione alla guida dell’azienda fondata da suo padre Melchiorre nel 1941, quando ottenne la licenza per il commercio di vini ed uve. Compie gli studi classici e si laurea nel 1971; al momento di scegliere se proseguire sulla scia dei suoi studi o rimanere in azienda non ha dubbi, per Francesco la laurea è stato un modo di acculturamento generale utile per introdurre un po’ di raziocinio scientifico nell’attività di suo padre.

Ci racconta di come ha affrontato l’avventura della Freisa di Chieri, che negli anni ’70 era conosciuta solo nella sua versione dolce: i consumi all’epoca stavano calando vertiginosamente e Francesco ha cercato di reinventarla come vino secco da pasto. Dal confronto con vini di maggior successo quali Barbera e Dolcetto, ha intuito il motivo dell’acidità elevata e dei tannini duri del Freisa e deciso di adottare un sistema moderno di vinificazione, abbandonando le piccole botti in legno a favore di vasche in acciaio collegate ad uno scambiatore di calore per effettuare la fermentazione a temperatura controllata. Questo cambiamento di vinificazione ha successo ed il Freisa secco si impone su tutto il territorio della collina torinese, soprattutto a Torino.

Un altro momento fondamentale per Francesco è lo spostamento dell’azienda nell’attuale sede, una cascina ereditata da sua mamma: i lavori di ristrutturazione sono durati 30 anni e perdurano ancora oggi, ma hanno consentito di avere gli spazi necessari.

Francesco ricorda che il padre non credeva molto nel Freisa, era più un commerciante che un produttore, ma è stata una persona molto avveduta ed intelligente: cercò di ampliare la gamma e, oltre al Freisa dolce venduto sfuso in piccole botti, andò ad acquistare anche Barbera e Grignolino. Negli anni ’50, avendo intuito le potenzialità del Moscato, cominciò ad imbottigliarlo con un’autoclave e a venderlo in tutta Italia. 

Sono molti gli insegnamenti che Melchiorre gli ha trasmesso: si tratta di saggezze contadine dovute ad esperienze talvolta negative che ora Francesco cerca di trasmettere anche a suo figlio, perché sempre valide. 

Un passo importante per l’azienda è l’attestazione della bontà del Freisa secco di suo padre fatta da Veronelli nel libro sui migliori vini d’Italia: era une delle prime vinificazioni che facevano insieme ed il parere autorevole di Veronelli diede soddisfazione ed anche il coraggio per andare in quella direzione.

Nel 1973 la Freisa di Chieri ottiene la Denominazione di Origine Controllata e contribuisce sempre più a far sorgere in Francesco un sentimento di attaccamento al vino ed al territorio circostante: egli diventa un punto di riferimento per i contadini che gli portano le uve da vinificare.

Una tappa significativa nella vita di Francesco è la sua inaspettata elezione nel 1975 a Sindaco di Andezeno, dove introduce un po’ di innovazioni: inizia a promuovere i prodotti locali, organizzando sulla piazza di Andezeno la sagra del cardo e della cipolla piatlina, dove i contadini mettevano le loro cose in vendita. Per attirare e far fermare la gente fu creato un palchetto per il ballo pubblico ed una cucina per preparare la bagna caoda, con a disposizione il Freisa come vino. Questa iniziativa ebbe subito successo e continua da 40 anni, con notevole soddisfazione personale di Francesco.

Una svolta importante per l’azienda si ha intorno al 2000, quando la Sovrintendenza di Torino, che stava eseguendo i lavori di recupero di Villa della Regina, lo ha contattato per chiedergli un parere di massima sulla fattibilità del recupero di parte del vigneto esistente nel ‘600. All’inizio sembrava un’impresa impossibile da realizzare ma poi il fatto di far rinascere una vigna dove era esistita già a quell’epoca lo convince a legare il suo nome a questa esperienza. Francesco viene così incaricato della gestione del vigneto della Villa, che dal 2011 produce l’unico cru della Freisa di Chieri.

Francesco racconta di com’è nato il suo hobby del collezionismo, che lo ha portato ad inaugurare il Museo delle Contadinerie ed il Museo del Giocattolo Antico, ospitati nei due locali un tempo dedicati al ricovero per le carrozze.

Ci sono più di 1.500 oggetti del territorio, che secondo Francesco va valorizzato per non perdere le radici e le memorie storiche: è giusto che ci siano oggetti che ricordino com’era tanti anni fa.

Poiché mancava un fil rouge nelle etichette dei vini che desse una logica aziendale, suo figlio ha avuto l’idea di rievocare per ogni tipologia di vino un vecchio giocattolo: la linea sta piacendo molto e coabita con le precedenti, tra cui quella della Freisa ferma disegnata da Guido Appendino.

Francesco afferma che per trasmettere la cultura del vino bisogna essere innamorati del vino e fare una scelta di vita di campagna, crescere in un ambiente sano con un ritmo della vita meno frenetico, cibi genuini e una vita più semplice; la cultura specifica si può ricavare con esperienza, documentazione e studi.

Il vino è per lui una ragione di vita ed è stato il pretesto per rimanere nel territorio, nella casa e nel paese dove avrebbe voluto vivere tutta la vita e morire: il vino è stato quindi il fulcro su cui ha costruito la sua vita.

Nell’intervista è emerso come sia fondamentale avere una famiglia unita per il successo dell’azienda.

Questo video fa parte del seguente archivio
Memories of Piedmont

Memories of Piedmont

The archive contains of testimonials from the memories of Piedmont. The life stories told emphasize aspects of the cultural, social and economical history of the region. Specific attention was paid to the testimonies of the Resistance movement in order to give splendour to the memory of this integral moment of national identity. Research promoted by the Piedmont Region, Institute for the History of Resistance and Contemporary Society (Asti, Alessandria, Cuneo, Novara e Verbano-Cusio-Ossola, Biella e Vercelli) and by the ‘Nuto Revelli' Foundation.

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