
Antonia Chialà
Tradizioni agricole e gastronomiche di Fasano
Durante l’intervista la signora Chialà si lascia trasportare dai ricordi d’infanzia, narrando le tradizioni della sua famiglia e del suo paese, sai piatti tipici ai segreti ed i riti dell’agricoltura.
La prima parte dell’intervista è incentrata sulle tecniche e sulle cerimonie legate alla coltivazione e lavorazione dei pomodori nei diversi periodi dell’anno: dalla semina alla conservazione, passando per la raccolta. Racconta inoltre i segreti dell’agricoltura tradizionale, in particolare dei legumi, e le abitudini della sua famiglia e di Fasano, sottolineando più volte l’ importanza della convivialità e dell’ospitalità, fondamentali nella cultura Pugliese. La signora Chialà spiega e racconta anche le abitudini culinarie e le ricette preparate dalla madre, e poi da lei, durante le festività del Natale (le Pettole) e della Pasqua (i Taralli all’uovo). Anche pane e vino sono raccontati in maniera sentita dalla signora, che ne parla come qualcosa di sacro, che pone le basi per la cucina della sua famiglia
Alla fine dell’intervista Antonia Chialà spiega come è nato, e quanto importante è diventato, il suo amore per il lavoro della terra.
Indice del video
Dati intervista
Nazione: IT
Regione: Puglia
Città: Fasano
Provincia: BR
Altitudine: 118m s.l.m.
Wikipedia: http://it.wikipedia.org/wiki/Fasano
Antonia Chialà
Data di nascita: 04-12-1964
Città: Fasano
Professione: Agricoltore
Lingue parlate: Italiano
Scheda di: Alberto Meneghel
Video di: Dario Leone
Creato il: 26-10-2012
Questo video fa parte del seguente archivio
Terra Madre
Terra Madre
L’archivio conserva le esperienze dei popoli della terra, le musiche, le tradizioni delle comunità del cibo che si ritrovano ogni due anni a Torino per condividere esperienze e saperi. L’archivio racconta le storie di vita dei contadini, pescatori, allevatori, trasformatori che partecipano alla rete mondiale di “Terra Madre”. Le interviste fanno emergere intimi rapporti tra i prodotti tradizionali e il territorio in cui vivono. Ricerca promossa dall’Università degli Studi di Scienze Gastronomiche e Slow Food.