Granai della Memoria Granai della Memoria - The Granaries of Memory

Universita di Scienze Gastronomiche Slow Food


Gabriele Donadio

Allevatore e produttore di formaggio

 Gabriele Donadio, classe 1980, ha aperto nel 2008, assieme al fratello Edoardo, un piccolo caseificio, legato all’azienda agricola dove alleva una quarantina di mucche pezzate rosse austriache e una trentina di capre di razza camosciata alpina. Il nome scelto per l’azienda, Fissello Doc, è il termine occitano che indica il contenitore in legno usato anticamente per far scolare il formaggio. L’inizio dell’attività è stato reso possibile grazie ai contributi del PSR (piano sviluppo rurale) 2007/13 e all’aiuto fornito dai tecnici nel disbrigo delle complesse pratiche burocratiche. 
Il latte viene destinato alla produzione di formaggio, venduto direttamente nei mercati e nell’ambito delle iniziative di “Campagna Amica”; in autunno i prodotti sono commercializzati anche alle fiere locali.
I due fratelli, entrambi periti agrari, hanno ripreso, seppur con un diverso indirizzo, l’attività del nonno. Gabriele, seguendo una passione che aveva fin da ragazzo, dopo il diploma ha frequentato un corso di casearia presso la scuola di Moretta e ha partecipato ad alcuni stage presso caseifici della zona. Il giovane casaro sottolinea la positiva esperienza maturata nel percorso formativo, grazie anche ai valenti docenti e alla persone che gli hanno insegnato i piccoli trucchi di un mestiere che non è una scienza matematica, ma nel quale conta molto la preparazione. Ricorda anche che il nonno, negli anni Sessanta, non essendo più redditizio l’allevamento del bestiame, si era dedicato alla produzione ortofrutticola, mentre i genitori non avevano proseguito il lavoro in ambito agricolo. 
La testimonianza prosegue con la descrizione della produzione, inizialmente limitata ai formaggi stagionati (nostrale, paste gessate, caciotte), poi estesa, per soddisfare le richieste degli acquirenti ai mercati cui partecipano, ai formaggi freschi, allo yogurt e infine alle mozzarelle. Queste ultime, valutate le caratteristiche del latte, ha scelto di produrle come si usa fare in Meridione. 
Giovanni descrive la giornata tipo, evidenziando che è un’attività che non permette tempi di pausa, ma richiede una presenza quotidiana. Al mattino lui si dedica alla produzione di formaggio e il fratello alla vendita ai mercati. Nel pomeriggio si occupano entrambi all’azienda agricola, accudendo gli animali e producendo il foraggio; parte di questo deve essere acquistato da agricoltori della zona, non avendo trovato sufficienti prati. Da qualche tempo li aiuta un ragazzo indiano: non hanno trovato giovani del posto, in quanto non disponibili ai sacrifici che richiede il settore agricolo: la loro sola preoccupazione – sottolinea Giovanni – è di poter uscire la sera e dormire la domenica.
Per vendere bene, osserva Giovanni, occorre essere convinti della qualità del prodotto, che deve presentare i requisiti di essere legato alla tradizione e di genuinità, e che per la salvezza delle vallate alpine è fondamentale il presidio del territorio da parte dei giovani. Sottolinea anche l’importanza della vendita diretta, secondo la tradizione contadina, che consente di instaurare con il consumatore finale un legame forte, rendendolo partecipe, ad esempio, del cambiamento del prodotto. 
Ricorda poi che nelle valli sono nate iniziative per far conoscere le realtà tipiche locali; le manifestazioni hanno un buon richiamo di pubblico, disposto a spendere di più per un prodotto valido; è bello che i consumatori vengano in azienda, affinché si rendano conto dei sacrifici e del lavoro richieste dalla produzione del formaggio. Il territorio è da sempre vocato all’attività casearia: Villar San Costanzo era un paese legato alla toma fresca preparata con il latte appena munto dalle massaie per il consumo quotidiano, mentre nelle vallate c’era la tradizione del nostrale, la toma stagionata prodotta negli alpeggi. 
Tra gli obiettivi di Giovanni non c’è un aumento della produzione, anche per poter continuare a garantire un prodotto curato, ma di lavorare con i bambini in aule didattiche, per insegnare alle nuove generazioni questo mestiere. Il problema delle piccole aziende è, a suo giudizio, la mancanza di voglia di fare squadra, occorre dare i prodotti ai ristoranti della zona, il turista deve poter trovare il prodotto legato al territorio.
La testimonianza si conclude ricordando la festa di Sant’Antonio, nell’omonima cappella, momento di ritrovo molto sentito dalla popolazione: anche se oggi non portano più gli animali per la benedizione, gli allevatori continuano a presenziarvi.
 
Questa testimonianza è stata raccolta per conto della Provincia di Cuneo - Settore Politiche Agricole, Parchi e Foreste nell'ambito di un accordo di collaborazione con l'Unisg volto a creare l'archivio L'agricoltura cuneese fra tradizione e innovazione
  

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