Granai della Memoria Granai della Memoria - The Granaries of Memory

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Sfogliare l'orso

Documentario

Un orso carnevalesco rivestito di foglie di granoturco inumidite e opportunamente arricciate con la stessa tecnica con cui di ottengono i riccioli di burro e gli gnocchi a partire dall’impasto di patate. Un’arricciatura che secondo Giuseppina Germano, classe 1912, contadina, si otteneva “con i denti della forchetta, ti veniva bene la frangia e il movimento di  come si fanno gli gnocchi, te li faceva sembrare come dei riccioli. Le foglie di granoturco venivano cucite su una tela, a file regolari, fitte, fitte da simulare il folto pelo dell’orso. Mentre il volto era nascosto da una maschera di cartapesta, la testa era incappucciata con la stessa tela ‘fogliata’ che ricopriva il corpo. Una catena al collo, strattonata dal domatore, faceva emettere urli ‘spaventosi’ all’orso che, tentando la fuga, spaventava la gente al seguito, soprattutto le donne. Più tardi, in piazza, in un vaso da notte spalmato con mostarda molto cotta e quindi dal colore… scuro, si mettevano dei salamini ed, infine, della polenta; un altro vaso da notte veniva riempito di moscato d’uva!”  Nell’autunno del 2006, la meliga a Cunico è stata sfogliata a mano sull’aia della cascina, come si faceva un tempo, per far rivivere la prima veglia che anticipava il tempo della socialità notturna invernale. Le foglie del granoturco sono state messe da parte per preparare il costume dell’orso di sfojass, di foglie secche di meliga che ritornerà a rivivere per le strade del paese astigiano nel tempo del prossimo carnevale. La figlia dell’anziana contadina che aveva costruito in gioventù per il marito l’abito vegetale che con le foglie arricciate evocava i ritmi lunari della nuova annata agraria sta, in questo tempo dell’Avvento, insegnando e seguendo con attenzione i faticosi lavori di ricostruzione del costume di sfojass eseguiti da una donna che si dedica con passione alla sartoria etnica della zona, confezionando anche i costumi per il teatro sacro popolare della settimana santa. L’ultima volta che apparve nella piccola comunità fu sul finire degli anni Sessanta del Novecento. Una piccola storia di cortili di casa, caratterizzata da una variante “evolutiva”. Un anno l’orso di meliga si fece scimmia. Le pelli di coniglio fornite da uno straccivendolo di quei posti diedero vita ad un’altrettanto interessante figura animale delle selvagge, carnevalesche colline dell’Astigiano. La ripresa della maschera è stata anche l’occasione per riportare alla memoria il proverbio d’inizio febbraio: “Se a sant’Urs l’urs al suva el pajun, per quaranta dì al va a barun”, Se a sant’Orso, l’orso asciuga il pagliericcio, per quaranta giorni il tempo sarà perturbato. Il proverbio ci riporta alla teoria dell’orso lunare predittivo che esce nella notte d’inizio febbraio e denuncia il connubio sincretico tra la maschera carnevalesca e l’omonimo santo che viene onorato nel ciclo santorale proprio nel primo giorno di febbraio. In questo caso il pagliericcio esposto ad asciugare all’inquietante sole di febbraio rinvia, inoltre, direttamente alla nostra maschera di foglie di meliga perché il pagliericcio su cui dormivano i contadini poveri era costituito da un sacco riempito di sfojass. Una metafora proverbiale che i contadini del tempo coglievano al volo. Ancora una volta il comportamento dell’orso aggiorna e interpreta la condizione delle campagne della tradizione nel delicato periodo di passaggio stagionale.

Dati intervista

Informazioni geografiche

Nazione: IT

Regione: Piemonte

Città: Cunico

Provincia: AT

Altitudine: 256m s.l.m.

Collegamenti e allegati

Wikipedia: http://it.wikipedia.org/wiki/Cunico

Immagini allegate:

  • Allegato 1

Riferimenti e fonti

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Sitografia:
 http://www.casadeglialfieri.it

Scheda di: Andrea Icardi
Video di: Luciano Nattino, Pier Carlo Grimaldi
Creato il: 21-03-2006

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